La Commissione europea sembrava voler rivedere il Regolamento di Dublino III sull’accesso dei richiedenti asilo in Europa. La sera del 4 maggio scorso, a Bruxelles, essa ha deluso le attese, ignorando le proposte di un sistema di asilo europeo centralizzato e l’apertura di canali legali e sicuri di arrivo, proposte presentate in Parlamento. La Commissione resta ferma sullo status quo, non superando l’obbligo del migrante di chiedere asilo nel primo paese di accesso, procedimento che ha portato sei Stati membri – tra i quali l’Italia – a ricevere l’80% delle richieste. E intanto, in queste ore, nel Mediterraneo aumentano le intercettazioni di barconi carichi di migranti.
P. Gianni Borin, responsabile dei missionari scalabriniani operanti in Europa e Africa, di fronte “alla secca nella quale è da anni arenata l’Ue”, non ha dubbi: “I dati continuano ad essere allarmanti con gli arrivi nel 2016 giunti a quasi 190,000 persone e i morti a quasi 1,400, come vediamo in queste ore nel Canale di Sicilia e così come riferisce in questi giorni l’OIM, ma la madre Europa non se ne vuole prendere seriamente carico, incatenata com’è ad accordi inadeguati e anacronistici”. La responsabilità sull’esame delle richieste, infatti, resta per ora di competenza del Paese di primo arrivo/sbarco, e la procedura di distribuzione in altri Stati avverrà solo se il numero di richieste supera il 150% della quota stabilita dalla Ue per ogni nazione. Chi non accoglie dovrà pagare un corrispettivo di 250mila euro per ogni rifugiato non ospitato, una sorta di “solidarietà finanziaria”, termine che, però, sta facendo storcere il naso a molti, instillando l’idea che si possano “contabilizzare” la solidarietà, i diritti e i doveri che i Trattati Ue fondano sulla condivisione dei problemi e sull’aiuto reciproco.
“Mettere al centro la persona“, ha continuato P. Borin, “implica che ogni richiesta d’asilo sia esaminata individualmente e non esclusivamente secondo macro criteri quali la nazione di provenienza, fatto quest’ultimo che nei famigerati hotspot di Grecia e Italia sfocia solo in un “respingimento differito”, all’opposto del diritto d’asilo indicato dalla Convenzione di Ginevra”. E aggiunge: “Lo stop temporaneo della costruzione dell’ennesimo muro a confine con l’Austria è solo un tamponare situazioni d’ingiustizia e di mancanza di diritti fondamentali, che stanno a monte degli arrivi di migranti e che solo gli illusi possono pensare siano in via di risoluzione”.
I missionari scalabriniani presenti in Europa, dunque, chiedono ancora una volta e con forza che i parlamentari dell’Ue operino concordemente per cambiare il Regolamento in atto, ponendo di nuovo sul tavolo delle trattative la questione delicata e centrale legata al primo paese d’accesso, unitamente all’introduzione effettiva dei corridoi umanitari, vie legali d’ingresso in Ue, evitando i pericoli noti del viaggio in mare, solo un business per i trafficanti. In ultima analisi occorre ascoltare le cause profonde delle migrazioni, così come trasmesse dalla voce della marea di uomini, donne e minori che domandano all’Ue a volte il solo transito in alcuni paesi di primo approdo, altre la possibilità di una speranza di domani o di ricongiungimento familiare in altre nazioni europee.
Roma, 14 maggio 2016