È ormai più di un secolo che la Chiesa dedica una giornata di riflessione e preghiera per l’umanità migrante, desiderando porre l’attenzione dei fedeli, e di ogni uomo di buona volontà, a questa porzione di popolo di Dio in cammino sulla terra. Negli ultimi tempi, però, ogni giorno dell’anno è stato segnato
dal fenomeno delle migrazioni o dalla ricerca di rifugio: milioni di uomini, donne e minori, troppo spesso non accompagnat:, ri ci interpellano”: in loro, costretti ad intraprendere viaggi senza la certezza
del futuro desiderato, siamo sfidati a intravedere il volto familiare del Figlio di Dio e a fare ciascuno la
sua parte.
Da un lato persistono numerose, anzi troppe situazioni di crisi e confiitto che non consentono noie di
uscita” nella propria patria, dall’altro si registra una crescente indifferenza e una diffusa insensibilità all’arrivo di tanti disperati e, spesso, alla loro morte a pochi passi dalla salvezza. L’effetto derivante è che questa marea di umanità è relegata in periferie disumane, sempre più lontane dalla nostra attenzione. ”Nome non vedere in tutto ciò il frutto di quella cultura dello scarto che mette in pericolo la persona umana, sacrificando uomini e donne agli idoli del profitto e del consumo?”, si è chiesto laconicamente papa Francesco lunedì scorso in un discorso di fronte al corpo diplomatico.
La via di risoluzione passa unicamente, a mio modo di vedere, dall’impegno alfìanco della persona migrante, profuga e rifugiata, attraverso azioni compiute insieme, volte a facilitarne l’inclLISIDT1é nélla società, rendendo opnuno compartecipe nella costruzione del proprio futuro e rigettando in toto una cultura ghettizzante e de- umanizzante. In quanto missionari cerchiamo di incontrare migranti, profughi e rifugiati sulle diverse strade che percorrono, ascoltando la loro voce, prima, e ponendo in essere, in secondo luogo, iniziative o strutture: è così facendo che sono nate, sulle frontiere di diversi paesi, le case del migrante; in quest’ottica abbiamo sviluppato anche noi la logica di “fare rete” con chi, anche nella società civile, percorre cammini analoghi ai nostri; con stupore abbiamo visto crescere ed accompagnato nei giovani la partecipazione ad iniziative locali di generoso sevizio come pure disponibilità nel volontariato internazionale; abbiamo visto con gratitudine ch.e molte missioni, nate per prendersi cura degli italiani emigrati, si sono lasciate accompagnare nell’aprirsi ai nuovifratelli e sorelle migranti.
Ospitalità e solidarietà sono, d’altra parte, i cardini di una cultura e di una società solide, nonché i segni di una maturità umana e cristiana, elementi essenziali per quella vera e tangibile cultura dell’incontro, tanto spesso richiamata da papa Francesco, e in grado di prevenire il rischio di fondamentalis mi ed estremismi. L’Anno Santo della Misericordia sia per tutti noi, l’occasione e il richiamo costante per edificate insieme una rinnovata comunione con ogni essere umano che migra su questa terra.
Roma, 14 gennaio 2016